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domenica 19 agosto 2012

nozze gay Il cardinale O’Brien argomenta con sapienza contro le “nozze gay”


Il Cardinale Keith O’Brien, Arcivescovo di Edinburgo e presidente della Conferenza Episcopale Scozzese in merito alla proposta di legalizzazione del “matrimonio” omosessuale in Gran Bretagna, alza la sua voce in difesa della società civile. Non è una posizione "cattolica", è semplicemente civile: né Dio, né la Chiesa, né la fede sono mai nominate. Questo lucido e intrepido Pastore, si erge a baluardo non della fede ma della ragione e del buon senso. Le riflessioni proposte sono utili anche in Italia dove alcune aree politiche sono suggestionate dal laicismo militante.

Ecco il testo:


Questo mese il governo avvia una consultazione sui matrimoni tra persone dello stesso sesso, chiedendo all’opinione pubblica se debba essere introdotto in Inghilterra e Galles. Spero saranno in molti a rispondere e a riflettere sulla possibilità di firmare la petizione a sostegno del matrimonio tradizionale.

All’apparenza, la questione del matrimonio omosessuale può sembrare innocua. I patti civili esistono da vari anni ormai, e permettono alle coppie dello stesso sesso di registrare la propria relazione e di godere di una serie di tutele giuridiche. Quando vennero introdotte, i sostenitori di queste misure si sforzavano in ogni modo di spiegare che non volevano il matrimonio, che accettavano l’idea che il matrimonio fosse da sempre soltanto l’unione legale di un uomo e di una donna. Quanti tra noi non erano favorevoli ai patti civili, perché ritenevano che queste relazioni fossero dannose per il benessere fisico, mentale e spirituale di chi vi era coinvolto, avevano ammonito che col tempo le richieste si sarebbero estese anche al matrimonio.

Dato che le coppie omosessuali già godono di tutti i diritti giuridici del matrimonio, è chiaro che la proposta non riguarda i diritti, ma piuttosto si configura come un tentativo di ridefinire il matrimonio per tutta la società, seguendo un ordine imposto da una piccola minoranza di attivisti.

Tale ridefinizione del matrimonio avrà un impatto enorme su quanto si insegna oggi nelle nostre scuole, e sulla società tutta. Sarà una ridefinizione della società, perché l’istituto del matrimonio è uno dei pilastri della società. Ammettere ai sensi di legge i matrimoni tra persone dello stesso sesso avrà ripercussioni immense.

Ma davvero si possono ridefinire le parole per capriccio? Una parola il cui significato sia sempre stato chiaro a tutte le società e nel corso di tutta la storia può essere trasformata all’improvviso e significare qualcos’altro?

Se il matrimonio tra persone dello stesso sesso sarà approvato per legge, cosa sarà dell’insegnante che vuole spiegare agli alunni che il matrimonio può significare solo l’unione tra un uomo e una donna, e che così è sempre stato? Insegnante e alunni diventeranno le prossime vittime della tirannide della tolleranza, eretici il cui dissenso dall’ortodossia d’imposizione statale deve essere annientato a ogni costo?

Nell’articolo 16 della Dichiarazione universale dei diritti umani, il matrimonio è definito come relazione tra uomini e donne. Ma quando i nostri politici suggeriscono di buttare a mare l’idea consolidata di matrimonio e di sovvertire il significato non vengono derisi. Anzi, il tentativo di ridefinire la realtà viene ascoltato con cortesia, e la loro follia assecondata. Come istituto, il matrimonio precede di molto l’esistenza di qualsiasi stato o governo. Non è stato creato dai governi, e non può essere modificato ad opera loro. Al contrario, riconoscendo gli innumerevoli benefici che esso porta alla società, le istituzioni dovrebbero intervenire per proteggerlo e sostenerlo, non attaccarlo o smantellarlo.

Si tratta di un’opinione che sarebbe stata accolta e accettata ancora pochi anni fa, ma oggi sostenere un’interpretazione tradizionale del matrimonio espone al rischio di essere etichettati come bigotti intolleranti.

Non vi sono dubbi sul fatto che, in quanto società, siamo ormai indifferenti all’importanza del matrimonio per la sua influenza stabilizzatrice e siamo meno propensi a lodarlo come istituzione meritevole. Sebbene nel corso di una generazione sia stato danneggiato e minato, il matrimonio ha sempre avuto lo scopo di unire uomini e donne, perché i figli nati da quelle unioni avessero una madre e un padre.

Questo ci conduce all’unico punto di vista che pare essere del tutto perduto o ignorato: quello del figlio. Tutti i bambini meritano di iniziare la vita con una madre e un padre; le prove a favore della stabilità e del benessere che ne derivano sono schiaccianti e inequivocabili. Non possono venire da una coppia di persone dello stesso sesso, per quanto benintenzionate possano essere.

Il matrimonio omosessuale eliminerebbe del tutto dalla legge l’idea fondamentale di una madre e di un padre per ogni bambino. Creerebbe una società che sceglie deliberatamente di privare un figlio dell’una o dell’altro. Ed esistono anche altre insidie. Se è possibile ridefinire il matrimonio in modo che non indichi più un uomo e una donna ma due uomini o due donne, perché fermarsi qui? Perché non permettere a tre uomini o a una donna e due uomini di formare un matrimonio, se si promettono reciproca fedeltà? Se il matrimonio si riduce a degli adulti che si amano, su che base tre adulti che si amano possono esserne esclusi?

Nel novembre 2003, dopo una sentenza con cui un tribunale del Massachusetts aveva legalizzato il matrimonio gay, alle biblioteche scolastiche fu imposto di mettere in catalogo letteratura omosessuale; ai bambini delle elementari si leggevano favole che raccontavano di Re e Re. Alcuni studenti delle superiori ricevettero addirittura un manuale esplicito di sostegno all’omosessualità, intitolato “Il piccolo libro nero, essere gay nel XXI secolo” (The Little Black Book: Queer in the 21st Century).

Improvvisamente l’istruzione doveva conformarsi a quanto si riteneva fosse “normale”. Il governo ha fintamente suggerito l’idea che il matrimonio omosessuale non sarebbe vincolante e che le diverse confessioni potrebbero scegliere di non riconoscerlo.

Questa è arroganza a livelli sbalorditivi. Nessun governo possiede l’autorità morale per smantellare l’interpretazione universalmente riconosciuta del matrimonio. Immaginate per un istante che il governo avesse deciso di legalizzare la schiavitù, assicurandoci però che “nessuno sarà obbligato ad avere uno schiavo”. Tali vuote rassicurazioni calmerebbero la nostra furia? Giustificherebbero lo smantellamento di un diritto umano fondamentale? O non sarebbero forse parole fuorvianti, specchietti utili a mascherare una grave ingiustizia? La Dichiarazione universale dei diritti umani è cristallina: il matrimonio è un diritto che si applica a uomini e donne, “la famiglia è il nucleo naturale e fondamentale della società e ha diritto ad essere protetta dalla società e dallo stato”.

Questa verità universale è talmente lapalissiana che non dovrebbe essere necessario ribadirla. Se il governo tenterà di demolire un diritto umano universalmente riconosciuto, perderà colpevolmente la fiducia che la società ha riposto nel suo operato, e la sua intolleranza umilierà il Regno Unito agli occhi del mondo.

Cardinale Keith O’Brien

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