Leggimi la mano Chirologia

sabato 1 novembre 2025

Il Viaggio della Mano nel Grembo Materno Studio psicochirologico sull’annidamento e l’origine del segno


 


Il Viaggio della Mano nel Grembo Materno                                                                                                                                               Studio psicochirologico sull’annidamento e l’origine del segno                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                           Quando inizio la lettura della mano, non guardo solo una forma, una linea o un monte: vedo un viaggio. Vedo l’essere che mi sta davanti tornare simbolicamente nel grembo della madre, dove tutto ha avuto inizio. Le prime tracce che porto a osservare nella mano non sono sue, ma della madre. Esse sono le onde primordiali dell’impronta che la vita ha lasciato quando ancora era immerso nel liquido amniotico, nel ritmo del cuore materno e nelle vibrazioni della sua pelle. Annidamento psichico e prime scritture Ogni mano umana porta in sé il ricordo dell’“annidamento psichico”, quella misteriosa unione tra il corpo embrionale e la psiche materna di cui parlano Peluffo, Manfredi, Imbasciati e Jakel. Il feto, sin dalle prime settimane, non solo cresce nel corpo della madre, ma si scrive nella sua memoria biologica e affettiva. Le sue cellule nervose, il suo cuore e le sue mani si formano mentre risuonano degli ormoni, delle emozioni e dei sogni di colei che lo porta. È in questo spazio invisibile che si costituisce il primo “apparato psichico embrionale”, un dispositivo che ancora non pensa, ma sente, vibra, registra. Quando il pollice si abbozza, attorno alla quarta settimana, la mano si apre come un germoglio. È già il segno di una tensione verso l’altro, una risposta tattile all’ambiente uterino. La mano non nasce per afferrare, ma per comunicare. E quella prima comunicazione è con la madre: la mano è il primo organo del dialogo. Le tracce della madre nella mano del figlio Nel corso dello sviluppo embrionale, la formazione delle mani segue un ritmo che rispecchia le trasformazioni affettive della madre. Ogni variazione ormonale, ogni stato di serenità o di angoscia, ogni pulsazione del cuore materno lascia una vibrazione che si iscrive nella morfologia fetale. La pelle, i solchi e le linee che si disegneranno dopo nel palmo non sono solo il prodotto di geni e biologia, ma anche la calligrafia inconscia della relazione prenatale. Così, quando leggo la mano, leggo la madre. La Linea della Vita, nella sua nascita presso il pollice, parla del primo abbraccio uterino. La Linea della Testa segue la direzione delle prime percezioni sensoriali, quando il cervello embrionale si forma in simbiosi con le onde affettive materne. La Linea del Cuore nasce come eco del sangue condiviso, dei battiti sincronizzati tra due esseri che respirano l’uno dentro l’altro. Il corpo come memoria prenatale Le mie tavole anatomiche mostrano come, tra la quarta e la decima settimana, il feto formi contemporaneamente il cervello, la mano e il sistema nervoso autonomo. È il tempo in cui la psiche si annida nella carne. Il sistema nervoso si intreccia con quello della madre attraverso il cordone ombelicale e i flussi neuroendocrini; ciò che la madre sente, pensa e teme passa come corrente sottile nel sistema del feto. Ogni paura, ogni desiderio, ogni amore lascia una forma. Quelle forme diventeranno solchi, e quei solchi saranno le linee della mano. La mano come utero spirituale Quando una persona mi porge la mano, io la vedo come un piccolo utero aperto. Le linee sono i canali venosi dell’anima, i ricordi di quando il corpo si formava sospeso tra acqua e luce. La mano custodisce l’origine della memoria, la sua prima scrittura biologica, che non è di parole ma di vibrazioni. Nel leggere la mano, io torno sempre all’embrione. Mi immagino l’essere che ho davanti nel grembo della madre, immerso nel respiro del suo corpo, accolto o rifiutato, amato o temuto. Da lì inizia la lettura. Ogni segno della mano è un’eco dell’annidamento originario: l’impronta materna che ha aperto la via alla sua identità. Conclusione L’essere umano non nasce due volte, ma continua a nascere in ogni sguardo, in ogni respiro, in ogni incontro che riattiva il suo legame primordiale. La lettura della mano, in questa prospettiva, è un ritorno all’origine: un modo per riconoscere nel palmo non solo la storia individuale, ma la traccia del primo gesto d’amore, quello che la madre ha scritto nel figlio ancor prima che il mondo lo vedesse. 

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