EMPATIA, LETTURA DELLA MANO E TATOCCHI
1. L’empatia in chiave scientifica
La psicologia contemporanea descrive l’empatia come la capacità di percepire e comprendere gli stati interiori di un’altra persona, distinguendo almeno due grandi dimensioni:
• Empatia cognitiva, cioè la capacità di mettersi nei panni dell’altro e comprenderne pensieri, motivazioni e prospettive;
• Empatia affettiva, ossia la risonanza emotiva che ci permette di sentire, dentro di noi, ciò che l’altro prova, senza per questo confonderci con lui.
Le neuroscienze hanno mostrato come questa facoltà sia sostenuta da sistemi cerebrali complessi, che coinvolgono sia le aree prefrontali (attribuzione di stati mentali) sia il sistema dei neuroni specchio (condivisione incarnata delle emozioni).
L’empatia, dunque, non è un semplice “sentire con”, ma un processo multidimensionale che ci consente di costruire relazioni autentiche. Per questo, nel campo terapeutico e nell’accompagnamento spirituale, è considerata una delle abilità fondamentali.
2. Edith Stein: l’empatia come atto spirituale
La filosofa carmelitana Edith Stein, nella sua opera Zum Problem der Einfühlung (1917), definisce l’empatia come un atto conoscitivo sui generis, che ci apre al vissuto interiore dell’altro.
Secondo Stein:
1. L’empatia emerge quando percepiamo i segni esteriori di un’emozione (un volto che si illumina di gioia, un gesto di dolore).
2. Si riempie quando ci disponiamo a far risuonare dentro di noi quell’esperienza.
3. Si oggettiva quando riconosciamo che quel vissuto appartiene all’altro, senza confonderlo con il nostro.
Per Stein, l’empatia non è solo un fatto psicologico, ma diventa anche atto d’amore: un riconoscere il valore unico e irripetibile della persona che ci sta davanti.
Nella prospettiva carmelitana, l’empatia si radica nella preghiera interiore, cioè nella capacità di aprire il cuore e la mente alla presenza di Dio. In Gesù Cristo – vero uomo e vero Dio – l’empatia trova il suo compimento: Dio stesso si è fatto “empatibile”, vicino a noi fino a condividere la nostra condizione umana.
3. La mia esperienza di psicochirologo
Come psicochirologo vivo l’empatia come un atto di ascolto profondo.
Quando osservo una mano, non mi limito a decifrare segni, linee o forme: cerco di empatizzare con la storia che quella mano custodisce.
• Nell’osservare una linea del Cuore spezzata, non vedo solo un dato morfologico, ma entro in risonanza con il dolore affettivo che quella persona porta con sé.
• Nel cogliere una linea della Vita forte e netta, sento vibrare la fiducia vitale e la resilienza di chi ho davanti.
L’empatia mi permette di non cadere nella freddezza della diagnosi né nell’illusione della proiezione: entro in comunione con l’altro rispettandone la verità interiore.
4. Empatia e Tarocchi: i simboli come specchio dell’anima
Lo stesso avviene nella lettura dei Tarocchi, che considero non strumenti di predizione, ma specchi simbolici dell’inconscio e della vita spirituale.
Ogni carta – dal Sole alla Torre, dall’Eremita alla Temperanza – diventa una porta empatica:
• mi apre al vissuto dell’altro,
• mi invita a percepire ciò che vibra nella sua interiorità,
• mi permette di tradurre in parole e immagini quello che altrimenti resterebbe taciuto.
In questo senso, la lettura dei Tarocchi non è dissimile dalla lettura della mano: entrambe sono vie empatiche che permettono di incontrare l’altro nella sua profondità, creando un dialogo che non è mai solo tecnico, ma relazionale e spirituale.
5. L’empatia cristiana: il mio rapporto con Gesù
Come cristiano, l’empatia non è soltanto uno strumento umano, ma un luogo d’incontro con Cristo.
Nel Vangelo vedo in Gesù l’esempio supremo di empatia:
• Egli piange con Marta e Maria davanti alla tomba di Lazzaro.
• Si commuove davanti alle folle stanche e smarrite.
• Ascolta il dolore dei poveri e dei peccatori senza giudicarli.
Vivere l’empatia come psicochirologo significa per me partecipare di questo sguardo di Gesù: lasciarmi toccare dal dolore e dalla gioia degli altri, senza fuggire, senza restarne schiacciato, ma trasformando quell’incontro in occasione di amore e di crescita reciproca.
La mano che leggo, la carta che si apre, diventano allora un piccolo Vangelo incarnato: un modo per lasciarmi raggiungere da Cristo presente nell’altro, e per restituire a chi si affida a me non solo interpretazioni, ma soprattutto presenza e speranza.
Conclusione
L’empatia è un ponte.
• La psicologia la riconosce come facoltà del cervello umano che ci permette di costruire relazioni autentiche.
• Edith Stein l’ha compresa come atto fondamentale della vita spirituale e come via d’amore.
• Io, come psicochirologo e cristiano, la vivo come una chiamata: leggere una mano o una carta non è soltanto interpretare segni, ma entrare in empatia con una storia e riportarla alla luce, nello stesso Spirito di Cristo che ha scelto di condividere la nostra vita.
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