domenica 20 febbraio 2011

Roberto Vecchioni - Chiamami Ancora Amore (sanremo 2011)




E per la barca che è volata in cielo
che i bimbi ancora stavano a giocare
che gli avrei regalato il mare intero
pur di vedermeli arrivare

Per il poeta che non può cantare
per l’operaio che ha perso il suo lavoro
per chi ha vent’anni e se ne sta a morire
in un deserto come in un porcile
e per tutti i ragazzi e le ragazze
che difendono un libro, un libro vero
così belli a gridare nelle piazze
perché stanno uccidendoci il pensiero

per il bastardo che sta sempre al sole
per il vigliacco che nasconde il cuore
per la nostra memoria gettata al vento
da questi signori del dolore

Chiamami ancora amore
Chiamami sempre amore
Che questa maledetta notte
dovrà pur finire

perché la riempiremo noi da qui
di musica e di parole

Chiamami ancora amore
Chiamami sempre amore
In questo disperato sogno
tra il silenzio e il tuono
difendi questa umanità
anche restasse un solo uomo

Chiamami ancora amore
Chiamami ancora amore
Chiamami sempre amore

Perché le idee sono come le farfalle
che non puoi togliergli le ali
perché le idee sono come le stelle
che non le spengono i temporali
perché le idee sono voci di madre
che credevamo di avere perso
e sono come il sorriso di Dio
in questo sputo di universo

Chiamami ancora amore
Chiamami sempre amore
Che questa maledetta notte
dovrà ben finire
perché la riempiremo noi da qui
di musica e parole

Chiamami ancora amore
Chiamami sempre amore
Continua a scrivere la vita
tra il silenzio e il tuono
difendi questa umanità
che è così vera in ogni uomo

Chiamami ancora amore
Chiamami ancora amore
Chiamami sempre amore
Chiamami ancora amore
Chiamami sempre amore

Che questa maledetta notte
dovrà pur finire
perché la riempiremo noi da qui
di musica e parole

Chiamami ancora amore
Chiamami sempre amore
In questo disperato sogno
tra il silenzio e il tuono
difendi questa umanità
anche restasse un solo uomo

Chiamami ancora amore
Chiamami ancora amore
Chiamami sempre amore
Perché noi siamo amore

venerdì 11 febbraio 2011

Enrico Pallocca Importanza della liturgia nella vita della chiesa.












Indice degli argomenti



1. Come nasce una celebrazione

2. Come si mantiene vivo un evento

3. Quando una celebrazione è liturgia

4. I linguaggi del rito



1. Come nasce una celebrazione?



Una celebrazione nasce dal desiderio/bisogno di custodire la
memoria di un evento significativo della propria vita o della vota
della propria comunità.



Non tutti gli eventi, però domandano una celebrazione, ma solo
quelli che una comunità riconosce come significativi, attribuendogli
un valore da CUSTODIRE, TRAMANDARE, RICORDARE.



Questo valore è tale da non essere significativo solo nell’oggi di chi
lo ha vissuto, ma il suo senso trapassa i tempi e permane nel
futuro.



Ogni celebrazione, domanda il coinvolgimento di una comunità: di
persone che condividono il desiderio di fare memoria di un evento.
Il termine celebrare/celebrazione significa, infatti, radunarsi
insieme per fare memoria. Nessuno celebra un evento in
solitudine.



2. Come si mantiene vivo un evento?



Per mantenere vivo un evento si pone in atto UN RITO.



Il Rito diviene così il luogo in cui l’evento continua ad essere
vissuto. Possiamo definirlo come: “il linguaggio della memoria”
e “l’annuncio del suo compimento”.

E’ memoria, in quanto “custodisce” il ricordo dell’avvenimento; è
annuncio, perché porta in sè la promessa di un compimento che
non solo si attua ogni volta che lo si celebra, ma che si compirà
definitivamente solo in futuro.

Nel rito, il ricordo diviene “memoriale”: evento che si attualizza,
ricordo che si compie qui e ora.







Casella di testo: Importanza della liturgia nella vita della chiesa

Vivere comunitariamente un evento è quello che noi definiamo
CELEBRAZIONE.





3. Quando una celebrazione si può definire ”liturgica”?



Ogni religione celebra i momenti più significativi della propria
origine e del propria vita. La fede cristiana celebra l’evento che l’ha
costituita e il mistero che la vivifica: GESU’ CRISTO.



La Liturgia della Chiesa è perciò Cristo e il suo mistero. Non sono
perciò le forme che distinguono una celebrazione cristiana da ogni
altra, ma il senso dell’evento espresso attraverso i suoi linguaggi.



La Liturgia cristiana è “l’opera” di Dio realizzata in Cristo Gesù,
unico e sommo sacerdote della Nuova Alleanza.

E’ Lui il solo Liturgo

E’ Lui il solo sacerdote

E’ Lui la sola offerta gradita a Dio

E’ Lui il salvatore e il redentore



“Egli, poiché resta per sempre, possiede un sacerdozio che non tramonta.

Può perciò salvare perfettamente quelli che per mezzo di Lui si accostano a Dio,
essendo sempre vivo per intercedere a loro favore.

Tale era infatti il sommo sacerdote che ci occorreva: santo, innocente, senza
macchia, separato dai peccatori Ed elevato sopra i cieli;Egli non ha bisogno ogni
giorno, come gli altri sommi sacerdoti, di offrire i sacrifici prima per i propri
peccati e poi quelli del popolo, poiché Egli ha fatto questo una volta per tutte,

offrendo se stesso”. (Eb 7,24-27)



Per compiere un’opera così grande, Cristo associa sempre a sé la
Chiesa sua sposa. Per cui in ogni azione liturgica Cristo è sempre
presente e opera le meraviglie della Nuova Alleanza: la
glorificazione di Dio e la nostra santificazione.



“Voi siete la stipe eletta, la nazione santa,

Il popolo che Dio si è acquistato perché proclami le opere meravigliose di lui

Che vi ha chiamato dalle tenebre alla sua ammirabile luce” (1Pt 2,9).

4. Il “linguaggio” del rito

Le “Opere meravigliose” di Dio si realizzano nella Liturgia per
mezzo di segni sensibili: il linguaggio liturgico.

Casella di testo:
Casella di testo: “Ogni celebrazione liturgica, in quanto opera di Cristo sacerdote e del suo corpo, che è la Chiesa, è azione sacra per eccellenza, e nessun’altra azione della Chiesa ne uguaglia l’efficacia allo stesso titolo e allo stesso grado” .
(Sacrosanctum Concilium 7).
La celebrazione liturgica è dunque
“culmine”
verso cui tende tutta l’azione della Chiesa
e, insieme, “fonte”
da cui promana tutta la sua forza. (cfr. SC 10)



4.2 I linguaggi del rito


Il rito è il linguaggio della liturgia ed è composto da una molteplice
varietà di codici:

o i linguaggi verbali > Parola di Dio e preghiere (dirette e
indirette, presidenziali e assembleari);

o i linguaggi non verbali > codici spaziali (topografico,
odologico, prossemico), codici temporali, codici personali,
codice iconico e musicale.


Casella di testo:
Casella di testo: Il linguaggio liturgico
A fondamento di ogni linguaggio liturgico c’è la Parola di Dio, proclamata con abbondanza in ogni celebrazione.
Essa è sempre presente, in modo esplicito o implicito. Nella liturgia infatti, ogni testo (dal canto, alla monizione) è chiamato ad ispirarsi ad essa.
La liturgia cristiana ha i suoi riti, cioè i suoi linguaggi per celebrare il mistero: PAROLE E GESTI INTIMAMENTE CONNESSI.
“La Messa è un insieme di segni sensibili mediante i quali la fede si irrobustisce si esprime, è necessario che i responsabili della celebrazione abbiano cura di scegliere e disporre quelle forme e quegli elementi che la chiesa propone, e che, considerate le circostanze di persone e di luoghi, possono favorire più intensamente la partecipazione attiva e piena a rispondere più adeguatamente al bene dei fedeli”
(da Ordinamento Generale del Messale Romano, n° 20)
Casella di testo: FOCUS

I linguaggi verbali


Ogni celebrazione si esprime attraverso una molteplicità di
linguaggi verbali e, a seconda del contesto e del genere letterario,
assumono diverse forme e domandano diverse interpretazioni.


Ogni linguaggio verbale ha dunque le sue caratteristiche e
funzionalità:

“Nei testi che devono essere pronunziati a voce alta e chiara dal sacerdote,dal
diacono, dal lettore o d tutti, , la voce deve corrispondere al genere del testo
secondo che si tratti di una lettura, di un’orazione, di una monizione, di
un’acclamazione, di un canto; deve anche corrispondere alla forma di
celebrazione e alla solennità della riunione liturgica”. (Da: ordinamento Generale
del Messale Romano n° 38).



1. Le preghiere



Le preghiere: possono avere diverse forme: lode,
ringraziamento, pentimento, richiesta di grazia, intercessione e, a
loro volta possono essere DIRETTE o INDIRETTE.


Le preghiere dirette sono quelle che prevedono un'azione
immediata nell'atto celebrativo e in genere si servono
linguisticamente del performativo esplicito: come nel Gloria «...noi
ti lodiamo, ti benediciamo, ti adoriamo».Altre preghiere dirette si
servono dell'imperativo: «Dacci oggi il nostro pane quotidiano...».


Le preghiere indirette sono quelle che si rivolgono a Dio
impiegando la forma del congiuntivo, dell'indicativo, ad es. «Dio
onnipotente abbia misericordia di noi...».


Ci sono poi, preghiere presidenziali o assembleali.

Quelle presidenziali sono espresse dal “presidente” (vescovo,
presbitero,diacono) che parla a nome dell’intera comunità. Nella
celebrazione eucaristica esse sono: la colletta, l’orazione sulle
offerte, l’orazione dopo comunione e la preghiera eucaristica.

Le orazioni assembleari sono quelle espresse da tutta la comunità
come: il Padre nostro, il Confesso, ecc.



I linguaggi non verbali



1. Il codice spaziale



I primi e più immediati codici che intervengono in ogni atto della
comunicazione sono quelli legati al tempo e allo spazio. Potremmo
parlare allora innanzitutto di un codice locale e topografico. La
Chiesa come luogo in cui si incontrano i fedeli è importante sia nei


suoi elementi architettonici, sia per la sua collocazione nel
complesso urbanistico. Anche se la visione cristiana del tempio non
ha più quella funzione "sacrale" che aveva presso altri popoli e
religioni, tuttavia essa è rilevante dal punto di vista antropologico-
sociologico e simbolico. Come il rito è per essenza un "creatore di
ordine e armonia" e come la creazione tutta e la storia della
salvezza è ordine e armonia, così il luogo in cui si celebra il rito
deve contribuire a questa creazione di ordine e armonia, non nel
senso della rigidità simmetrica e geometrica, ma nel senso di un
"sentirsi a proprio agio, in una disposizione significativa degli
spazi".


Il codice topografico indica l'orientamento: il "dentro e il fuori",
l' "alto e il basso", "destra e sinistra". Anche questi elementi sono
importanti e in alcuni casi sono decisivi, ad esempio nelle
processioni, pellegrinaggi, immersione battesimale, atrio-chiesa.


Il codice odologico è pure connesso con lo spazio e con la
sistemazione degli spazi all'interno della chiesa. Si tratta, in questo
caso, del come gli spazi vengono impiegati e sfruttati. poiché «non
è una datità statica e immutabile; tutto dipende da quello che lo
spazio fa di noi e da quello che noi facciamo dello spazio». Per
esempio il codice odologico ci fa comprendere ed apprezzare
percorsi diversi nell'ingresso o al termine della liturgia, nelle
processioni, nei movimenti che si compiono durante la comunione
ecc.


Il codice prossemico: si tratta di comprendere il senso della
vicinanza o della distanza. E' un'altra possibilità espressiva della
liturgia che andrebbe studiata a sè per le potenzialità pedagogiche
e liturgiche che nasconde.



2. Il codice temporale

Ha un suo particolare significato. Ci basta ricordare come il rito e la
liturgia sono chiamati a "scandire il tempo" in tutto il mondo delle
religioni. L'anno liturgico, le festività, i sacramenti connessi alle
diverse tappe della vita, il tempo personale. Anche qui abbiamo
una dimensione antropologica e teologica molto importante. Di qui
l'importanza dell'ora e del giorno della celebrazione, la durata della
celebrazione, la frequenza con cui si compie la celebrazione...


3. Il codice personale



Sono quei linguaggi che coinvolgono tutto il corpo: movimenti e
sensi. Si possono così suddividere:

codice cinetico: potremmo chiamarlo il linguaggio del corpo nei
suoi movimenti, nei suoi gesti, nella sua mimica. Nella liturgia li


troviamo espressi nelle diverse posizioni del corpo: in piedi, seduti,
in ginocchio; il segno di croce, il dare la mano; da parte del
presbitero ve ne sono di più: stendere le mani, tracciare il segno di
croce, l'elevare il calice e la pisside, ecc. ...

Il codice tattile: è poco rappresentato nella liturgia, ma non del
tutto assente. Il tattile, cioè il toccare ha molto valore nei
cosiddetti riti di guarigione, nel segno della croce con l'acqua
benedetta, nelle unzioni, nel bacio di pace, nel rito dell'effetà ecc..

Il codice olfattivo: ha solo una piccola presenza nella celebrazione
liturgica nell'uso dell'incenso, dei fiori, del crisma...

Il codice gustativo: è presente nella liturgia nel gesto centrale del
"mangiare", "bere“.



4. Il codice iconico e musicale



Il codice iconico è il più complesso nella celebrazione, perché
riguarda non soltanto la presentazione di "figure significanti" come
statue, dipinti, icone, oppure oggetti: patena, calice, crocefisso
ecc.., ma contempla anche elementi simbolici più complessi: ad
esempio: l'altare è Cristo; l'ambone, il luogo della risurrezione ecc.
...

Il codice musicale, è tra i mezzi espressivi irrinunciabili e perciò
parti integranti della celebrazione. Gli viene riconosciuta una vera
e propria identità, tanto che se manca, viene a mancare una
specifica modalità espressiva, non facilmente sostituibile da altre
espressioni linguistiche.

Nella liturgia il linguaggio musicale ha un suo ruolo ben specifico e
una sua chiara definizione.



“ I fedeli che si radunano nell’attesa della venuta del loro Signore, sono esortati
all’apostolo a cantare insieme salmi, inni e cantici spirituali. Infatti il canto è
segno della gioia del cuore… Nelle celebrazioni sia dia quindi grande importanza
al canto..” da Ordinamento Generale del Messale Romano, n° 39

martedì 8 febbraio 2011

Manifestazione internazionale di alto antiquariato FIERA DI MODENA, dal 13/02/2011 al 21/02/2011 12 / 20 febbraio 2011 Excelsior Rassegna d'arte italiana del XIX secolo Aperto al pubblico 15.00 - 20.00 (feriali) 10.30 - 20.00 (Sabato e Domenica)

Dal 13 al 21 febbraio si rinnova l’appuntamento con “Unica-Modenantiquaria”, la manifestazione internazionale di alto antiquariato che inaugura la sua XXIV edizione a ModenaFiere. Affermata come una delle mostre mercato più apprezzate d’Europa, grazie alle rarità dei suoi tre saloni - Modenantiquaria, Excelsior e Petra - la kermesse modenese ripropone al suo interno anche “Art&Food”, il ristorante gastronomico diretto dallo chef “stellato” Massimo Bottura

domenica 6 febbraio 2011

Lettera al Carmelo Carmelitani Scalzi Corso d’Italia, 38 00198 Roma 6 Gennaio 2010 Saverio Cannistrà, OCD Superiore Generale




Corso d’Italia, 38
00198 Roma
6 Gennaio 2010
Epifania del Signore
Carissimi Padri e Fratelli e, in un modo speciale, miei cari fratelli e sorelle dell'Ordine Secolare,
L'Ordine è entrato nel tempo in cui si celebrano i capitoli provinciali.  Alcune province hanno già
celebrato il loro capitolo, le altre province celebreranno i loro capitoli nei prossimi sei mesi.  All'inizio
di questo nuovo anno vorrei cogliere l'opportunità di riflettere sul ruolo e sull’importanza dell'Ordine
Secolare nel mondo che affrontiamo.
Nel dicembre del 2006, il Padre Luis Aróstegui ha mandato ai Provinciali un documento sull'assistenza
Pastorale dei Frati all'Ordine Secolare.  Nell'introduzione a quel documento scriveva quanto segue:
L’Ordine Secolare degli Ordini mendicanti non è solo un laicato associato. Mediante la connessione
con i frati dei diversi ordini, l’Ordine Secolare comunica la propria spiritualità al mondo che gli sta
attorno.
In altre parole: il motivo per il permesso dato agli Ordini Mendicanti di avere membri secolari era di
portare la spiritualità di quegli ordini alle case e alla vita quotidiana della gente che s’identificava con
gli Ordini.
Infatti, la differenza più grande fra l'Ordine Secolare e i movimenti o gruppi associati che potrebbero
essere identificati con un convento, un monastero, una parrocchia, o un frate particolare è che questi
ultimi sono dedicati alla spiritualità di Santa Teresa, o San Giovanni della Croce, o Santa Teresina,
ecc., mentre i membri dell'Ordine Secolare hanno preso un impegno con l'Ordine, con la sua vita, con
la sua missione così come con la sua spiritualità.  Essi hanno espresso questo impegno con la promessa
che hanno emesso.
Nell’Esortazione Apostolica, Vita Consecrata, nel paragrafo 54, il papa Giovanni Paolo II ha scritto: 
“Oggi non pochi Istituti, spesso in forza delle nuove situazioni, sono pervenuti alla convinzione che il
loro carisma può essere condiviso con i laici. Questi vengono perciò invitati a partecipare più
intensamente alla spiritualità e alla missione dell’Istituto medesimo. Possiamo dire che, sulla scia di
esperienze storiche come quelle dei diversi Ordini Secolari o Terz’Ordini, è iniziato un nuovo capitolo,
ricco di speranze nella storia delle relazioni tra le persone consacrate e il laicato.”
Molte congregazioni religiose oggi stanno cercando mezzi per invitare persone laiche ad identificare
con la vita e la missione di quelle congregazioni.  Il Santo Padre ha usato precisamente l’esperienza che
gli Ordini Mendicanti hanno avuto per secoli, cioè, gli Ordini Secolari, come modello o esempio da
seguire.