mercoledì 26 marzo 2025

Quando leggo la mano Psicochirologia


 “Quando leggo la mano…”

Non è magia. Non è superstizione.

La chiromanzia è una scienza occulta. È divinazione: una visione che sorge dall’anima.

E allora la domanda arriva, spontanea:

“È tutto scritto qui, nelle linee della mano?”

“Abbiamo davvero un destino già deciso?”

“Siamo burattini in mano al Fato?”

No. Non è così.

I segni della mano — come l’iride, il piede, l’orecchio — raccontano chi siamo.

Un diario inciso nella carne: passato, presente e futuro si fondono nel nostro Sé.

La mano non predice ricchezze o disgrazie:

rivela potenzialità.

Ci dice chi possiamo essere, cosa possiamo fare per cercare gioia, salute, onori…

e come evitare dolore, malattia e insuccesso.

La Psicochirologia non ti dice:

“Devi rassegnarti.”

Ti dice:

“Tu sei così. Conosciti. E adeguati alla tua natura.”

Perché la vera libertà nasce dalla consapevolezza dei propri limiti.

Un contemplativo non sarà mai un mercante.

Un timido non comanderà un esercito.

Ma ciascuno può agire secondo le proprie inclinazioni naturali.

Il volto è la radice. Le mani, i rami.

E quando inizio la lettura, guardo il volto.

Metoposcopia.

Studio le linee della fronte, la luce degli occhi.

Come insegna la chiromanzia, siamo sotto l’influsso degli astri —

ma nessuna stella ci impone il cammino.

Conoscersi è il primo atto di libertà.

Noi dividiamo tutto in opposti: amore/odio, desiderio/repulsione.

Ma in realtà sono figli della stessa radice.

Si trasformano l’uno nell’altro.

Come chi uccide per amore.

E così inizia il mio viaggio…


1. Osservo il palmo.

Lì vivono le tendenze profonde, ciò che chiamiamo colore.

Amore, rabbia, slanci e paure: tutto scritto tra i Monti e le linee

2. Poi guardo il pollice.

Il cosciente. Il senso della realtà.

La capacità di controllare l’istinto.

3. Le dita mi parlano di energia.

Come fluisce, dove si concentra.

Ne osservo lunghezza, forma, tensione.

E allora mi chiedo:

Chi domina? Il colore o il cosciente?

Cosa guida davvero questa persona?


Poi passo ai dettagli:

• La vita o la morte.

Il primo segno che cerco. Perché se dobbiamo morire stasera… tutto il resto conta poco.

Il colore delle dita, la forma delle unghie, la vitalità della carne mi dicono se la linfa è ancora viva.

• Il polso.

Sottile o spesso? Linee chiare o spezzate?

Ci sono i braccialetti di Giada?

Uno, due, tre?

Gloria dall’alba al tramonto… o sogni infranti?

• L’aspetto generale della mano.

Mano bombata: successo senza sforzo.

Mano muscolosa: la forza.

Mano corta: avidità.

Mano lunga: generosità.

• Le unghie.

Dure? Vitalità e costanza.

Secche? Inettitudine.

A punta? Perspicacia.

• Le dita.

Dominano il palmo?

Allora ragione, volontà, arte.

Divaricate? Solitudine.

Nodose? Esperienza.

Lisce? Innocenza o superficialità.


E solo dopo torno indietro…

Ripercorro tutto con lentezza e dedizione.

Disegno le linee principali del carattere.

Scrivo tutto. Perché la mia consultazione rimane.

È viva. È tua.

Ma ricorda: non guardo mai un segno da solo.

Ogni tratto è parte di un insieme.

Una tendenza può essere annullata, modificata, capovolta.

Cerco ciò che domina, e ciò che manca.

Solo così posso vedere con chiarezza la forza, la debolezza, l’onore, la fortuna, la longevità.


E alla fine, mentre chiudo la lettura, sento sempre la stessa verità:

l’amore e l’odio si sfiorano.

Ogni virtù ha il suo nome che esalta…

e uno che disprezza.

La fierezza può essere superbia.

La prudenza, pusillanimità.

Ma nella mano — come nella vita —

ciò che conta davvero…

è quanto intensamente vivi.

E se sei pronto a conoscerti.


                       


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