martedì 13 maggio 2025

Profilo psicochirologico spirituale di Santa Elisabetta della Trinità



 

Profilo psicochirologico spirituale di Santa Elisabetta della Trinità

(Cristo-centrato, carmelitano, mistico)

La mano che si fa dimora di Dio

Quando osservo psicochirologicamente il volto e la storia di Santa Elisabetta della Trinità, sento che la sua mano non era semplicemente una mano umana, ma il luogo simbolico in cui si è scolpita la Presenza. Come ella stessa scoprì: “Il cielo è Dio, e Dio è nella mia anima”, così la sua mano diventò progressivamente la forma visibile di un’anima che si lasciava abitare.

1. Temperamento e Linee Fondamentali

Dai racconti e dalle testimonianze, possiamo immaginare che nella mano di Elisabetta emergesse con chiarezza una Linea della Vita forte e intensa, associata a una natura impetuosa, collerica, ardente. Ma questa energia non restò selvaggia: venne disciplinata, convertita, fino a diventare fuoco di amore oblativo. Una Linea della Testa netta, forse rettilinea, segno di chiarezza e coerenza mentale, unita a una Linea del Cuore profonda, indice di una spiritualità infuocata ma custodita nel silenzio.                                                                                                                                               La sua mano, inizialmente vulcanica, si trasformò in tempio silenzioso dove la Trinità poté riposare.

2. Simbolismo delle dita

  • Pollice: Rappresenta la volontà. In lei, fortissima. La sua “volontà di ferro”, che dominava persino la collera, le permise di scegliere Dio in modo radicale. Questo pollice doveva essere ben sviluppato, segno di una capacità decisionale incrollabile e matura.
  • Indice: Dito dell’Io superiore, del comando spirituale. Elisabetta ha portato il suo indice dentro la Casa di Dio: lo ha usato non per imporsi, ma per indicare la Presenza nell’anima. Il suo indice spirituale era rivolto verso l’alto.
  • Medio: Il dito del destino. La sua Linea del Destino, anche se nella realtà forse breve come la sua vita, era intensissima: portava in sé una missione mistica e profetica per tutta la Chiesa.
  • Anulare: L’anima sponsale. Tutto in lei era “nozze”. Elisabetta amò Cristo con una passione nuziale. Il Monte Apollo della sua mano (sotto l’anulare) doveva brillare: non per fama mondana, ma per gloria mistica.
  • Mignolo: La comunicazione. Pur nel silenzio carmelitano, Elisabetta ha lasciato scritti, poesie, lettere. Il suo mignolo era lo strumento sottile del Verbo.

 

3. Monte della Luna e Monte di Venere

Il Monte della Luna, sede dell’inconscio e delle visioni, in lei doveva essere vivo, profondo, mistico. È lì che maturavano le sue intuizioni, le notti spirituali, le “visite interiori” del Signore.

 

Il Monte di Venere, sede dell’amore umano e del piacere, fu purificato fino a diventare una sorgente di carità divina. In lei, l’eros si fece agape. Questo monte, se visibile, doveva essere fiorito di dolcezza spirituale.

 

4. L’impronta trinitaria nella mano

Santa Elisabetta percepiva sé stessa come casa della Trinità. Da psicochirologo cristiano, sento che la sua mano era tripartita interiormente:

  • Padre: nel palmo profondo, centro della volontà creatrice;
  • Figlio: nella Linea del Cuore, perché l’amore crocifisso la abitava;
  • Spirito Santo: nel Monte della Luna, dove soffiava la sua ispirazione poetica.

 

5. Il segno della mistica

Vi è nei mistici una “trasparenza della carne” che spesso si riflette in mani sottili, dita affusolate, pelle chiara e sensibile, mani che sembrano “udire” più che toccare. Dalle foto di Elisabetta e dalla sua vita si può intuire una mano contemplativa, non fatta per il possesso, ma per la preghiera.

 

6. Conclusione – Missione spirituale

Le ultime parole di Elisabetta furono: “Vado alla Luce, all’Amore, alla Vita”. La sua mano non ha creato opere esteriori grandi, ma ha portato la Luce dentro le fibre del corpo. La sua missione celeste, come scrisse lei stessa, è quella di condurre le anime al silenzio interiore per lasciarsi abitare da Dio.

Santa Elisabetta della Trinità è la patrona della mano interiore, quella che non agisce, ma accoglie; non afferra, ma lascia spazio; non costruisce, ma dimora.

 


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